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domenica 11 ottobre 2020

1.1. Fotogramma: guida all'analisi compositiva

La sezione aurea e la regola dei terzi
Pitture rupestri del neolitico: la grotta di Lascaux. Particolare

Mettere in quadro, incorniciare: la cornice, fisica o metaforica che sia, indica un’operazione fondamentale per distinguere il mondo esterno dalla sua rappresentazione. Come una carta geografica rispetto al territorio, come una finestra rispetto al muro che la perimetra, lo spazio della rappresentazione è sempre una porzione del tutto, riprodotta in scala minore, maggiore o identica all’originale ma da esso separata. Che lo spazio dedicato a questa operazione sia rettangolare non è ovvio e nemmeno tradizionale anzi, un foglio strappato per non dire una parete di roccia come quelle del paleolitico o una pelle di montone raschiata non avevano certo forme e proporzioni regolari ma nulla ha vietato che potessero divenire degli spazi da disegnare, incidere, dipingere, nei quali i contorni sfrangiati o addirittura le sconnessioni della superficie non divenissero parte integrante della rappresentazione, creando pance, gobbe, imbuti, gradini. Come gli stessi termini stanno a indicare, “cornice”, quadro”, “finestra”, sono divenute solo relativamente di recente sinonimi di uno spazio geometricamente definito dedicato alla reinvenzione della realtà percepita, e solo con l’avvento della fotografia e poi degli schermi di proiezione questo spazio incorniciato è divenuto più o meno rettangolare. Eppure fin dall’antichità una certa regolarità di proporzioni fra la cornice e le forme in essa contenute è stata ricercata, almeno per quel che riguarda la civiltà occidentale, e lo si è fatto cercando queste regolarità a cui ispirarsi nella natura stessa. La tradizione vuole che sia stata la scuola pitagorica, per la quale “tutto è numero”, a rintracciare per prima queste regolarità e darne una definizione matematica, assimilando ad essa fenomeni naturali macroscopici e microscopici. Che si trattasse dei rapporti armonici in un monocordo, della crescita organica di una conchiglia o delle spire disegnate dai semi di girasole piuttosto che quelle di un nugolo di pipistrelli che si precipitano al tramonto in volo fuori dalla tana senza scontrarsi, la formula era sempre la stessa, pari a un numero irrazionale ottenuto effettuando il rapporto fra due lunghezze disuguali delle quali la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la somma delle due. Il numero irrazionale è 1,618…, strettamente connesso alla successione di Fibonacci. Una struttura frattale, all’interno della quale ogni elemento è la proporzionata mise en abime di quello che lo contiene.
[7 immagini e poi testo prosegue]
 
Costruzione del rettangolo aureo: dato un segmento AB, costruire un quadrato ABCD, tracciare un arco con raggio AC fino a intersecare il prolungamento della base AD (E). Il rettangolo aureo avrà perimetro ABFE.

Regola dei terzi: fotografia suddivisa in 9 rettangoli identici fra loro e proporzionali ai rettangoli x4 e x9.
Espansione a spirale del rettangolo aureo...
... e il Nautilus, esempio delle leggi di crescita organica.






 
Regola terzi: un fotogramma di Drive (N.W. Refn, 2011)



E ora provate voi: semplice no? Quale lettura dell'immagine ne consegue?


La sezione aurea così prodotta, aldilà della mistica a cui è stata nel tempo associata (vedi per esempio il bel libro di Mario Livio), è ancor oggi il reticolo geometrico che meglio facilita la composizione armonica degli elementi all’interno del quadro e viceversa il riconoscimento degli stessi nell’analisi di rappresentazioni altrui. Nota come “regola dei terzi”, essa è un punto di inizio, non necessariamente di arrivo; costituisce il comune metro di paragone ma come ogni regola si presta a essere infranta. Come per esempio fa il fotografo Gabriele Basilico:



Analisi esemplificative

1. Pasta Panzani
Manifesto pubblicitario Panzani, 1964. 
Essendo di solito un argomento trattato all’interno di curricoli di grafica, ci soffermeremo solo su alcuni esempi per selezionare i corollari più utili nella produzione e analisi dell’immagine fotografica, istantanea e in movimento.
Partiamo dall’analisi di un manifesto pubblicitario e lo facciamo attraverso l’esempio che ha proposto a suo tempo Roland Barthes (Retorica dell'immagine, 1964, ora in L'ovvio e l'ottuso, Einaudi, 1988) analizzando con gli strumenti della semiotica la réclame del noto marchio alimentare Panzani. Cominciare da questo è utile innanzitutto per dare una prima regola fondamentale per comprendere a fondo il sistema comunicativo dell’immagine, cioè quella di imparare a leggerla a partire dai suoi elementi costitutivi, senza correre subito a collocarla all’interno della nostra cultura visiva. Come se ci accingessimo a "scrostare" gli strati di un affresco per giungere alla sinopia, o gli intonaci di un muro per vederne la struttura di cemento e mattoni o pietre.
Barthes analizza la foto che abbiamo di fronte su tre livelli, ciascuno dei quali dialoga con l’altro e il cui prodotto non è una semplice sommatoria. I livelli sono: quello verbale, quello dell’immagine denotata, quello dell’immagine connotata.
Al primo livello appartengono tutte le marche linguistiche per comprendere le quali è necessario saper leggere l’idioma in cui sono scritte. Nell’esempio proposto, conoscere la lingua francese o almeno quella italiana, visto che le parole utilizzate sono in questa facilmente traducibili. Nello slogan vi è infatti un chiaro riferimento all’italianità degli elementi fotografati. Al secondo livello appartiene il riconoscimento puro e semplice di questi e del loro colore. E qui possiamo porci la prima domanda: quali sono i colori ricorrenti? Sono tre: il bianco, il verde, il rosso, che è anche il colore dello sfondo omogeneo e senza profondità nel quale sono contenuti. Riconosciamo gli oggetti fotografati? Sì. Da questo primo livello, denotativo, possiamo cominciare a partorire i differenti gradi di connotazione dell’immagine. Se conosciamo i colori della bandiera italiana ci accorgiamo che c’è un diretto collegamento fra quella espressione dello slogan, “à l’italienne”, e i colori prevalenti nell’immagine. C’è una qualche relazione fra loro? Se ho un minimo di competenze culinarie riconosco gli ingredienti base per preparare una pasta al sugo di pomodoro, piatto tipicamente italiano (ma c’è un elemento in più, incongruente per chi sia italiano o conosca bene la cucina italiana: ci ritorneremo). La pasta è contenuta in pacchi, così come in sacchetto è il parmesan. Il sugo è presente sotto forma degli ortaggi che servono per prepararlo e in una lattina contenente il sugo pronto. Tutti sono accumulati in una sacca a rete dalla quale, rilasciata, sembrano fuoriuscire in forza della gravità. È un insieme incongruo: i prodotti freschi non hanno relazione con quelli a lunga conservazione e la sacca, per chi conosce le abitudini di spesa delle massaie dell’epoca (anni ’60 del ‘900) è quella con cui si andava abitualmente a fare la spesa al mercato. Quindi il messaggio connotato diventa: fare la spesa di ortaggi al mercato (e poi mondare, affettare, cucinare gli ingredienti freschi) è la stessa cosa, ma molto più laboriosa e deperibile, che acquistare in negozio i prodotti pronti: ne vale la pena? Tutti i prodotti a lunga conservazione portano lo stesso marchio, sempre con i colori italiani, che richiama a sua volta un cognome del belpaese. Quindi, il lusso assolutamente a buon mercato è quello di permettersi un piatto di spaghetti sugo e parmigiano, buoni come fatti in casa da una famiglia italiana. 
P.P. Rubens, Abbondanza, 1630
Duccio di Buoninsegna, La pesca miracolosa, 1308-11

Aggiungiamo un altro grado di connotazione, rilevando che questi prodotti sembrano tracimare dalla rete in cui sono stati radunati, come in una pesca miracolosa, connotazione sacra-evangelica, oppure fuoriuscire da una cornucopia (per inciso, struttura a "crescita" spiraliforme, ma vedi anche sotto.) connotazione profana. In entrambi i casi il messaggio è quello dell’abbondanza, la fine di qualsiasi penuria.

Facendo un salto indietro, evidenziamo che c’è un ulteriore livello, un livello “zero” legato alla costruzione dell’immagine. Su uno sfondo uniforme, privo quasi di profondità se non fosse per la leggera ombra portata nella parte inferiore, le linee e le forme si dispongono in diagonale aprendosi verso destra, a triangolo, dal lato superiore sinistro. Le linee diagonali creano un movimento aprendo verso il basso, scaglionato dalle linee spezzate diagonali disegnate dalle confezioni, sapientemente alternate a spezzate orizzontali e verticali, più statiche, a compensare e ritmare il movimento prevalente, che si arresta definitivamente sull’orizzontale dello slogan che, letto da sinistra a destra, ribadisce uno dei vettori di lettura dell’immagine, che infatti lascia lo spazio vuoto a destra, l’ “aria” che permette all’insieme degli oggetti il movimento nella medesima direzione. L’immagine è insomma congelata ma non per questo immobile, secondo le leggi, gestaltiche, di crescita “organica”, che descrivono spazialmente il “franare”, la gravità, espressa dagli oggetti.

Dinamiche interne all'immagine
Ciascun livello di lettura permette e corrobora, àncora, quello più elevato da un punto di vista concettuale, arrivando cioè a comunicare il messaggio a diversi livelli di pensiero e di cultura, ad attrarre diverse tipologie di consumatori. Il livello più comune è quello che prevede un consumatore che sappia leggere, e subisca l’attrazione della salutare dieta mediterranea che si cristallizza intorno all’assonanza italica del marchio. Il consumatore tipo è la massaia che fa la spesa, una massaia francese, che riconosca negli ingredienti qualcosa di familiare, non importa se incongruo, alla sua cucina, che funga da trait d’union fra il noto e il meno noto: lo champignon che fa capolino, in un angolo a destra, tra gli ortaggi. Ma la réclame, più o meno in modo subliminare, si rivolge anche al consumatore che si considera più colto, raccogliendo e solleticando/sollecitando i suoi frammenti di cultura scolastica o catechesi. Quello che però fa di questa réclame un caso eclatante delle capacità mistificatorie del messaggio pubblicitario, e per questo scelta da Barthes (e da noi), è naturalmente quello che NON ci dice, quello che un consumatore accorto noterebbe alla prima lettura degli ingredienti e del luogo di produzione, e farebbe immancabilmente crollare questa costruzione mitopoietica (o forse no? Believing is seeing direbbe Errol Morris): Panzani è un marchio francese e produce in Francia, il parmesan non è neanche parente del parmigiano, gli spaghetti sono di farina di grano tenero, decisamente incapaci di tenere la cottura, di essere “al dente” come l’italiano medio richiederebbe ma il francese (o il tedesco o l’inglese) non apprezzerebbe punto. 

2. Aquila degli Abruzzi

H. Cartier-Bresson, Aquila degli Abruzzi, 1951.
Un altro esempio fotografico di tutt’altro genere aiuterà a evidenziare le strategie poste in essere dal fotografo per fare in modo che il suo scatto non si riduca all’attimo congelato ma sia in grado di raccontare una storia sintetizzata all’interno del quadro attraverso un “montaggio interno”. Con Aquila degli Abruzzi, Henri Cartier-Bresson ci offre uno dei suoi scatti più famosi nel suo réportage del 1952 sull’Italia del miracolo economico, divisa fra slancio industriale e tradizioni contadine. Dall’alto di una scalinata lo scatto del fotografo ci mostra una strana composizione di donne con teglie da forno colme di pani in testa, una gallina, delle bambine sul sagrato di una chiesa. Solo le bambine hanno vestiti chiari, da giorno di festa, gli adulti sullo sfondo indossano scuri pastrani, le donne lunghe vesti nere con in testa uno scialle dello stesso colore. Cosa rappresenta questa foto? A un primo livello d’insieme potrebbe già bastarci la spiegazione che il fotografo ha voluto creare un’immagine sospesa fra presente e passato di un mondo che non c’è più, dissolto dal progresso tecnologico. Ma come è giunto a darci questa impressione? Le linee compositive, date dagli spigoli dei muri, degli scalini e dalle inferriate, suddividono il quadro in almeno cinque spazi differenti, dal paesaggio di montagna in alto a sinistra al “primo piano” dello scorrimano in ferro in basso a destra. Sono questi altrettanti istanti di un montaggio interno che dialogano fra loro, raccontandoci una storia che, nel contesto dei monti dell’appennino, parte dalla piazzetta sullo sfondo e si inerpica per stradine di acciottolato fino a noi, in cima alla scalinata, sbirciati dalle bambine davanti al sagrato della chiesa, poste nella medesima diagonale composta dalle coppie di donne con la teglia in testa, che vengono o tornano dalla chiesa, come in una processione religiosa per la benedizione festiva del pane (per un’approfondita analisi "gestaltica" della foto si veda L. Messina, Accompagnarsi nei media, pp. 27-31, e l’analisi estetica di E. Gombrich, La storia dell’arte, ed.1995, p. 625).
 
Spazi/tempo (poligoni colorati) e percorso dell'occhio (pennarello verde)

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