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domenica 11 ottobre 2020

4.2 Manifesto dell'asincronismo


Il futuro del sonoro. Dichiarazione
(Ejzenstejn, Alexandrov, Pudovkin, 1928)

L’ideale lungamente vagheggiato d’un cinema sonoro è finalmente una realtà. Gli americani hanno inventato la tecnica del film parlato portandola a un livello che ne consente ormai un impiego pratico; anche in Germania si lavora con impegno nello stesso senso; e in ogni parte del mondo si discute di quest’arte muta che ha trovato finalmente la sua voce. Noi, che lavoriamo nell’Urss, non abbiamo piena conoscenza delle imperfezioni dei nostri mezzi tecnici attuali: essi non sono ancora sufficienti per ottenere successi pratici e rapidi in questo nuovo campo. Comunque può essere interessante formulare alcune considerazioni di natura teorica, soprattutto perché ci sembra che tale progresso tecnico venga erroneamente impiegato. Una falsa concezione delle possibilità della nuova scoperta può non soltanto ostacolare lo sviluppo del cinema-arte, ma addirittura annientarne l’attuale potenza espressiva. Il cinema d’oggi, fatto d’immagini visive, ha un’enorme suggestione sugli spettatori e occupa un posto di primo piano tra le altre arti. Com’è noto, il mezzo fondamentale, e unico, con il quale il cinema ha raggiunto un così alto livello espressivo, è il montaggio. Il progresso del montaggio, in quanto mezzo espressivo, è l’assioma su cui si fonda ogni sviluppo possibile dell’arte cinematografica (il successo universale dei film sovietici è dovuto in gran parte dalla formulazione e all’applicazione dei principi del montaggio). Pertanto:

1) Per lo sviluppo futuro del cinema i soli fattori importanti sono quelli volti a rafforzare e a sviluppare il montaggio espressivo e i suoi nuovi possibili modi. Mettendoci da questo punto di vista, è facile dimostrare lo scarso interesse che possono presentare il colore e la stereoscopia in confronto all’alta significazione del suono.

2) Il sonoro è però un’arma a due tagli. È molto probabile ch’esso venga applicato soltanto per soddisfare la curiosità del pubblico: noi assisteremmo allora allo sfruttamento della merce più facilmente fabbricabile e vendibile: il “film parlato”, quello nel quale, cioè la registrazione della voce coincide nella maniera più esatta e più realistica con i movimenti delle labbra; il pubblico potrà così godere l’illusione di ascoltare veramente un attore. A questo primo periodo di “cinema-attrazione” ne seguirà un secondo del tutto orripilante, il periodo che sorgerà a causa della decadenza industriale del precedente: si tenterà di creare una produzione pseudo-letteraria con rinnovati tentativi d’invasione teatrale. Così utilizzato, il sonoro distruggerà l’arte del montaggio: ogni aggiunta alle inquadrature non potrà che arricchirle di senso e potenziarle in quanto singoli pezzi, a fatale detrimento del montaggio che raggiunge il suo effetto unicamente quale risultante dell’unione dei diversi pezzi separati.

3) Soltanto l’impiego contrappuntistico del suono rispetto all’immagine offe possibilità di nuove e più perfette forme di montaggio. Pertanto le prime esperienze di fonofilm debbono essere dirette verso una non coincidenza tra immagine visiva e immagine sonora: questo sistema porterà alla creazione d’un nuovo contrappunto orchestrale.

4) La scoperta tecnica non è un fattore casuale nella storia del cinema; ma lo sbocco naturale dell’avanguardia cinematografica; e grazie a essa sarà possibile superare una serie di ostacoli diversamente insormontabili. Il primo impedimento è il cafarnao esplicativo che obbliga a sovraccaricare il film di scene, altrimenti inutili, le quali rallentano il ritmo del film stesso. Di giorno in giorno i temi dei soggetti diventano sempre più complessi; e i tentativi fatti per risolverli con mezzi unicamente figurativi o sono rimasti insoluti o hanno portato a un simbolismo troppo fantasioso. Il suono, inteso nella sua vera funzione, cioè come nuovo elemento di montaggio indipendente dall’immagine visiva, introdurrà invece un mezzo estremamente efficace per esprimere e risolvere i complessi problemi contro i quali urtava la realizzazione per l’impossibilità di trovare una risoluzione mediante i soli mezzi visivi.

Questa riprodotta è la celebre dichiarazione del 1928, firmata anche da Pudovkin e da Aleksandrov, ma chiaramente ispirata da Ejzenstejn, nota come Manifesto dell’asincronismo. Da notare che i tre registi descrivono un utilizzo del nuovo mezzo espressivo in senso mimetico e teatrale, paventando il diffondersi di forme che poi effettivamente diverranno proprie del cinema narrativo occidentale di marca hollywoodiana, ma forse i risultati in seguito conseguiti non sono stati poi così “orripilanti” come essi vaticinavano. È ribadita la centralità del montaggio come mezzo espressivo fondamentale dell’arte cinematografica e dunque la necessità di sfruttare il sonoro come elemento in più del montaggio che, oltre a superare l’uso delle didascalie esplicative, creasse nuove forme di rapporti fra le immagini e fra le immagini e i suoni. 
Il punto 3 è quello che maggiormente caratterizza questo Manifesto e sul quale poi in seguito registi, teorici e storici del cinema si sono soffermati, a volte traendo conclusioni affrettate. Il “contrappunto” di cui si parla, come poi Ejzenstein e Pudovkin esemplificheranno in altri scritti, non significa quello che molti hanno poi inteso, cioè relazione blandamente analogica, per non dire anarchica, fra immagini e suoni; significava piuttosto un loro rapporto non meramente strumentale, legato alla mimesi del lip sync, ma aperto a un dialogo produttivo, armonico, come il termine musicale, poi ribadito, sta a indicare. L’incomprensione parte dal termine “asincronismo” con il quale il Manifesto è poi passato alla storia, ma “asincronismo” non significava all’epoca quello che noi potremmo pensare oggi, cioè non corrispondenza fra l’immagine di un oggetto o persona e il suono che può provocare, bensì il rapporto a-sincronico perché non visualizzato, fra ciò che è in campo e i suoni che provengono dal fuori campo diegetico o extradiegetico. A-sincronico è semplicemente il suono out o over, sincronico è il suono in. Tutto qui. Se in un film di guerra vedo inquadrata una bandiera a mezz’asta e sento una tromba che suona un motivo funebre, penso semplicemente che stanno facendo dei funerali solenni a qualcuno (suono out), oppure che la guerra è stata definitivamente perduta (un’immagine icastica, suono over). Qualcosa di strano, di inconsueto per noi? No, ma sono questi dei semplici esempi di contrappunto fra immagine e suono, l’asincronismo come lo intendevano all’epoca, perché in effetti non vi è coincidenza fra i suoni che percepiamo e quello che vediamo (la bandiera non suona come una tromba). A quel tempo non era così ovvio perché, in senso teatrale, si pensava prima di tutto alla corrispondenza perfetta fra campo visivo e campo sonoro (come nel MRP, non si era ancora pensato di utilizzare artisticamente il fuori campo, diegetico e extradiegetico, mentre i russi proprio a questo sfruttamento pensavano).
Che poi il termine ripreso dal linguaggio musicale non fosse casuale o metaforico ma che per Ejzenstejn avesse un significato letterale ce lo conferma l'analisi audio-visiva condotta da Ejzenstein di un episodio del suo Alexandr Nevskji.

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