Il futuro del sonoro. Dichiarazione
L’ideale lungamente vagheggiato d’un cinema sonoro è finalmente
una realtà. Gli americani hanno inventato la tecnica del film parlato
portandola a un livello che ne consente ormai un impiego pratico; anche in
Germania si lavora con impegno nello stesso senso; e in ogni parte del mondo si
discute di quest’arte muta che ha trovato finalmente la sua voce. Noi, che
lavoriamo nell’Urss, non abbiamo piena conoscenza delle imperfezioni dei nostri
mezzi tecnici attuali: essi non sono ancora sufficienti per ottenere successi
pratici e rapidi in questo nuovo campo. Comunque può essere interessante
formulare alcune considerazioni di natura teorica, soprattutto perché ci sembra
che tale progresso tecnico venga erroneamente impiegato. Una falsa concezione
delle possibilità della nuova scoperta può non soltanto ostacolare lo sviluppo
del cinema-arte, ma addirittura annientarne l’attuale potenza espressiva. Il
cinema d’oggi, fatto d’immagini visive, ha un’enorme suggestione sugli
spettatori e occupa un posto di primo piano tra le altre arti. Com’è noto, il
mezzo fondamentale, e unico, con il quale il cinema ha raggiunto un così alto
livello espressivo, è il montaggio. Il progresso del montaggio, in quanto mezzo
espressivo, è l’assioma su cui si fonda ogni sviluppo possibile dell’arte
cinematografica (il successo universale dei film sovietici è dovuto in gran
parte dalla formulazione e all’applicazione dei principi del montaggio).
Pertanto:
1) Per lo sviluppo futuro del cinema i soli fattori
importanti sono quelli volti a rafforzare e a sviluppare il montaggio
espressivo e i suoi nuovi possibili modi. Mettendoci da questo punto di vista,
è facile dimostrare lo scarso interesse che possono presentare il colore e la
stereoscopia in confronto all’alta significazione del suono.
2) Il sonoro è però un’arma a due tagli. È molto probabile
ch’esso venga applicato soltanto per soddisfare la curiosità del pubblico: noi
assisteremmo allora allo sfruttamento della merce più facilmente fabbricabile e
vendibile: il “film parlato”, quello nel quale, cioè la registrazione della
voce coincide nella maniera più esatta e più realistica con i movimenti delle
labbra; il pubblico potrà così godere l’illusione di ascoltare veramente un
attore. A questo primo periodo di “cinema-attrazione” ne seguirà un secondo del
tutto orripilante, il periodo che sorgerà a causa della decadenza industriale
del precedente: si tenterà di creare una produzione pseudo-letteraria con
rinnovati tentativi d’invasione teatrale. Così utilizzato, il sonoro
distruggerà l’arte del montaggio: ogni aggiunta alle inquadrature non potrà che
arricchirle di senso e potenziarle in quanto singoli pezzi, a fatale detrimento
del montaggio che raggiunge il suo effetto unicamente quale risultante
dell’unione dei diversi pezzi separati.
3) Soltanto l’impiego contrappuntistico del suono rispetto
all’immagine offe possibilità di nuove e più perfette forme di montaggio.
Pertanto le prime esperienze di fonofilm debbono essere dirette verso una non
coincidenza tra immagine visiva e immagine sonora: questo sistema porterà alla
creazione d’un nuovo contrappunto orchestrale.
4) La scoperta tecnica non è un fattore casuale nella storia
del cinema; ma lo sbocco naturale dell’avanguardia cinematografica; e grazie a
essa sarà possibile superare una serie di ostacoli diversamente insormontabili.
Il primo impedimento è il cafarnao esplicativo che obbliga a sovraccaricare il
film di scene, altrimenti inutili, le quali rallentano il ritmo del film
stesso. Di giorno in giorno i temi dei soggetti diventano sempre più complessi;
e i tentativi fatti per risolverli con mezzi unicamente figurativi o sono
rimasti insoluti o hanno portato a un simbolismo troppo fantasioso. Il suono,
inteso nella sua vera funzione, cioè come nuovo elemento di montaggio
indipendente dall’immagine visiva, introdurrà invece un mezzo estremamente efficace
per esprimere e risolvere i complessi problemi contro i quali urtava la
realizzazione per l’impossibilità di trovare una risoluzione mediante i soli
mezzi visivi.
Questa riprodotta è la celebre
dichiarazione del 1928, firmata anche da Pudovkin e da Aleksandrov, ma chiaramente
ispirata da Ejzenstejn, nota come Manifesto dell’asincronismo. Da notare
che i tre registi descrivono un utilizzo del nuovo mezzo espressivo in senso
mimetico e teatrale, paventando il diffondersi di forme che poi effettivamente
diverranno proprie del cinema narrativo occidentale di marca hollywoodiana, ma
forse i risultati in seguito conseguiti non sono stati poi così “orripilanti”
come essi vaticinavano. È ribadita la centralità del montaggio come mezzo
espressivo fondamentale dell’arte cinematografica e dunque la necessità di
sfruttare il sonoro come elemento in più del montaggio che, oltre a superare
l’uso delle didascalie esplicative, creasse nuove forme di rapporti fra le
immagini e fra le immagini e i suoni.
Il punto 3 è quello che maggiormente
caratterizza questo Manifesto e sul quale poi in seguito registi,
teorici e storici del cinema si sono soffermati, a volte traendo conclusioni
affrettate. Il “contrappunto” di cui si parla, come poi Ejzenstein e Pudovkin esemplificheranno in altri scritti, non significa quello che molti hanno poi
inteso, cioè relazione blandamente analogica, per non dire anarchica, fra
immagini e suoni; significava piuttosto un loro rapporto non meramente
strumentale, legato alla mimesi del lip sync, ma aperto a un dialogo
produttivo, armonico, come il termine musicale, poi ribadito, sta a indicare.
L’incomprensione parte dal termine “asincronismo” con il quale il Manifesto
è poi passato alla storia, ma “asincronismo” non significava all’epoca quello
che noi potremmo pensare oggi, cioè non corrispondenza fra l’immagine di un
oggetto o persona e il suono che può provocare, bensì il rapporto a-sincronico
perché non visualizzato, fra ciò che è in campo e i suoni che provengono dal
fuori campo diegetico o extradiegetico. A-sincronico è semplicemente il suono out
o over, sincronico è il suono in. Tutto qui. Se in un film di
guerra vedo inquadrata una bandiera a mezz’asta e sento una tromba che suona un
motivo funebre, penso semplicemente che stanno facendo dei funerali solenni a
qualcuno (suono out), oppure che la guerra è stata definitivamente
perduta (un’immagine icastica, suono over). Qualcosa di strano, di
inconsueto per noi? No, ma sono questi dei semplici esempi di contrappunto fra
immagine e suono, l’asincronismo come lo intendevano all’epoca, perché in
effetti non vi è coincidenza fra i suoni che percepiamo e quello che vediamo
(la bandiera non suona come una tromba). A quel tempo non era così ovvio perché,
in senso teatrale, si pensava prima di tutto alla corrispondenza perfetta fra
campo visivo e campo sonoro (come nel MRP, non si era ancora pensato di
utilizzare artisticamente il fuori campo, diegetico e extradiegetico, mentre i
russi proprio a questo sfruttamento pensavano).
Che poi il termine ripreso dal
linguaggio musicale non fosse casuale o metaforico ma che per Ejzenstejn avesse
un significato letterale ce lo conferma l'analisi audio-visiva condotta da Ejzenstein di un episodio del suo Alexandr
Nevskji.
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